Scrivo questo articolo sul blog sulle domande da fare il relazione al tuo benessere, dopo una serie di riflessioni ed esperienze cliniche in studio. Lo scrivo perché credo ce ne sia bisogno, in quanto la grande quantità di informazioni che abbiamo oggi a disposizione ci porta, contro ogni aspettativa, a nutrire solo e soltanto più confusione.
L’infodemia di oggi e il rischio di banalizzare tutto
Scrivo articoli su questo blog da quasi dieci anni.
Quando ho iniziato, gli articoli sul blog erano quelli più condivisi, più citati, più letti. Non solo sui blog, ma anche su altre piattaforme come Medium, per citarne una che ormai non vedo quasi più in circolazione.
L’articolo sul blog era un modo per dire la tua, per esprimere quello che pensavi, per prendere una posizione. Ne ho scritti moltissimi, insieme a molti altri su Medium anni fa.
Dopo la pandemia, che ci ha visto sempre più a contatto con il mondo virtuale, è esplosa l’infodemia, complici gli esperti di marketing che ci incoraggiavano a pubblicare contenuti “di valore”, a dare suggerimenti sui problemi dei potenziali clienti, a fare tutto in linea con i diversi trend e algoritmi che continuano a modificarsi nel tempo per aumentare la nostra permanenza sui social.
In questa evoluzione della comunicazione, assisto a una spaventosa banalizzazione dei concetti. E’ diventato tutto “5 consigli per..”, “3 errori da evitare”, “Cosa fare per..”.
Testi che ho utilizzato anche io, certamente, e che ultimamente cominciano a starmi sempre più stretti. Perché mi sembra che il modus operandi sia lo stesso del campo medico. Protocolli per gli esseri umani, protocolli nel marketing.
Non che non sia giusto avere delle linee guida, nella medicina sono indispensabili in moltissimi casi. In altri però diventano dei limiti rispetto alla complessità. Nel mio campo, rispetto alla complessità e alla bellezza dell’essere umano. Nel marketing, limiti rispetto a quel valore che viene tanto raccomandato di far emergere.
Davvero il mio valore si misura su quanti consigli utili riesco a dare su un social?!
(Ri)partire da se
Le prime due domande sul benessere che faccio a chi si rivolge a me sono: qual è l’obiettivo di questa consulenza? Cosa vorresti portare a casa dalle nostre consulenze insieme?
Per me necessarie a capire la direzione, per la persona di fronte a me utili a mettere a fuoco gli obiettivi che vuole raggiungere. Quello che succede poi è un dipanarsi di domande e risposte che mi consentono di esplorare il suo mondo, a partire dai dati costituzionali, biotipologici, dalla sua forma del corpo, da ciò che mi racconta quel corpo attraverso i suoi sintomi, dalle motivazioni che sostengono la scelta di voler stare meglio davvero (un concetto che sembrerebbe scontato e che invece non lo è affatto).
La manifestazione somatica di un disturbo si fa espressione di un messaggio che viene veicolato attraverso il corpo e che attraversa tutti gli aspetti: strutturale, biochimico, mentale, emozionale, esistenziale. E’ un messaggio che per arrivare ha attraversato vissuti, esperienze e sistemi di credenze.
A me il compito di restituire il quadro di ciò che sta succedendo, mettendo insieme i sintomi fisici, la causa delle disfunzioni, il detto e molte volte anche il non detto.
Per questo, il percorso di cura e guarigione è strettamente personale e la relazione terapeutica che si instaura (quando si instaura, perché anche questo non è scontato) è una gioco di squadra.
Le domande che puoi farti per nutrire la tua salute e il tuo benessere
La prima domanda che ti consiglio è quello di fermarti ad ascoltare. Come ti senti? Cosa provi in questo momento? Qual è il tuo stato d’animo?
Ci sono situazioni sfidanti che stai vivendo in questo momento? Se sì, quali?
Se ci sono dei sintomi, in che momento si sono manifestati e attraverso quali segni?
Come stai nutrendo la tua salute e il tuo benessere in questo momento?
Quanto tempo dedichi a prenderti cura di te? Lo fai attraverso il cibo che scegli? Attraverso le parole che usi? Passando del tempo in situazioni che per te siano rigeneranti? Con relazioni che ti nutrono?
Spero che queste domande ti guidino a mettere a fuoco te, il modo in cui ti senti, quello che stai vivendo e soprattutto la tua unicità, il tuo modo unico di esprimerti e di sperimentare le diverse situazioni della tua vita.
E a farlo con consapevolezza, avendo ben presente chi sei.
Evitando di focalizzarti sulle informazioni esterne che alimentano confusione e spostando l’attenzione all’interno, nutrendo la fiducia in te.
Qualcosa che non può (e non deve) essere ridotto a un protocollo, a un consiglio valido sia per te che per la tua amica, a un sintomo da sopprimere senza aver esplorato il suo perché.
Perché in un mondo dove oggi si parla di inclusività e di diversità, paradossalmente il rischio è quello di continuare a evolverci verso l’omologazione, l’infelicità e la perdita del senso della propria vita, cosa che sta già accadendo e che, di fatto, è contro quella stessa forza motrice e vitale che ha guidato fino a oggi noi essere umani.
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